Tutti i post in: Yellow House

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La comunità creativa Yellow House ospita artisti esordienti e i loro racconti, poesie, illustrazioni e foto per contaminarsi e trovare nuove ispirazioni

All’interno della Yellow House ognuno è libero di partecipare come crede, con le proprie opere o lasciandosi ispirare da quelle degli altri.

Di seguito trovate i miei contributi

  Il cielo era sempre di un grigio malato, irreale, tanto da sembrare una cupola, o una di quelle bocce con dentro case disegnate e neve finta. Invece delle case disegnate, la colonna si muoveva in un panorama spoglio, brullo. Pochi alberi si frapponevano tra il gruppo che avanzava e l’orizzonte, che andava a perdersi dove l’occhio non poteva arrivare. L’aria stessa sembrava in attesa, come se dovesse piovere da un secondo all’altro ma poi non pioveva mai –e di quella pioggia tutti, per qualche motivo, sembravano aver bisogno. Bill Myer...

La incontravo alla fine di ogni estate. Ogni volta fino all’ultimo non sapevo se lei sarebbe stata lì ad aspettarmi. Se addirittura si potesse ricordare di me. Tornavo in Sicilia, nella mia vecchia città, e provavo a dimenticarmi di lei per qualche settimana. Era facile, quando era estate e vedevi il mare dalla tua finestra. Lì a Roma non c’era il mare. Ma era anche vero che lì in Sicilia non c’era lei. Così tornavo, fedele e illuso, sudato e bastardo, tornavo ogni volta. Tornavo da lei che aveva continuato a...

È notte e i semafori sono gialli da un pezzo. Il traffico è finito e le macchine la gente le ragazze sono tutte da qualche parte. È notte e i palazzi dormono uno sull’altro, senza niente sapere. È notte, e c’è ancora tanta strada da fare. Ci fermiamo sul lungomare deserto. Tutti sono chiusi dentro macchine dai vetri appannati, macchine che si muovono sotto la luna e piano piano cantano la loro ninnananna al contrario ad un mondo che sbadiglia indifferente. Fa freddo, per strada. È nelle ossa, è nel cuore....

  I giorni ti mettono in trappola ti convincono che resteranno giorni per sempre Invece diventano mesi e anni e poi ancora aria bianca che confonde tutto e mischia lustri e istanti I giorni ti mettono in trappola con le loro promesse gentili in mezzo alle urla dell’attimo del secondo, dell’istinto I giorni ti addormentano con la ragione, prima, e dopo col buonsenso ti vestono di mode ti ammazzano i silenzi ti coprono di domani finchè non dimentichi com’era com’è stato quando eri nudo I giorni ti mettono in trappola col loro poco per volta così poco da essere niente ma almeno è qualcosa -o questo è ciò che ti ripeti I giorni raccontano...

  Tutto questo scrivere tutto questo non-senso come andare per prati in un giorno feriale decidere di farsi odiare dalla donna più bella come cercare tra i rifiuti con un sorriso in faccia come ricordare vecchie pene e farne aeroplanini La notte inquieta, stanca non ha molto da offrire negli episodi di eclisse totale quando non resta nessuna luce quando non resta che dar fuoco al foglio stesso su cui stai scrivendo E’ una ricerca affannosa un orgasmo in contemporanea una morte in diretta ma più spesso è venire a patti tra voglie auspicabili e le schiumanti bassezze dell’Essere in sordina Carezzare il proprio ego come un gatto malmesso dopo i calci che ha preso nel vicoletto buio Non si...

  «Quale…» «Quale cosa?» «Scusi, intendevo…» «Dica, dica pure» «Sì ma qui… insomma, non le sembra che…» «Cosa? Si fa dei problemi? Parli, chieda in tranquillità» «D’accordo… uhm… volevo chiederle, se posso, qual è il suo libro preferito…» «Davvero lei comincia così? Ogni volta?» «Va bene… ehm… riguardo la sua produzione, volevo sapere…» «Produzione?» «Sì, produzione» «Bella questa, produzione… me la devo segnare…» «Insomma, ma vede che anche lei, però!… Bene, faccia lei, visto che non le piacciono le mie domande…» «Questo mi sembra un punto interessante» «Quale, scusi?» «Quello che non mi piace» «Proviamoci allora… qual è un libro che proprio non le è...

  Ho da poco letto “Rituali quotidiani” (Vallardi), una raccolta ad opera del giornalista Mason Currey sulle abitudini di vita, ma soprattutto creative, di più di 150 tra artisti, scienziati e filosofi (potete leggere la mia recensione qui). Il libro parte subito con W.H. Auden, che riferendosi alla proprie abitudini, dice: “Uno stoico moderno sa che il modo più sicuro per disciplinare la passione è disciplinare il tempo: decidi cosa vuoi o cosa devi fare durante il giorno, quindi fallo ogni giorno alla stessa ora, e la passione non ti...

  Sta piovendo ed io devo fare qualcosa. Solo che non so cosa.   Sono qui al mio tavolo, a far scivolare i tasti su questa tastiera, e fuori piove. Sento la pioggia cadere sul balcone, sulle macchine in coda, su quelle che sono riuscite a sfuggire al rosso del semaforo. La sento accarezzare i muri e inghiottire i palazzi. La sento e mi dico che è il momento di agire. Un bel corso universitario sembra la risposta giusta. Ma aspetta: lo è davvero? Potrei andare a lavorare, ma al momento è...

  Che poi, a dirla tutta, io qui nemmeno ci volevo venire. È stato solo per necessità. Sì vabbè, l’idea romantica del Paese dall’altra parte del mondo, il sole, i canguri, le stagioni al rovescio e tutte quelle cose lì. Ma se fosse dipeso da me, qui non ci avrei mai messo piede. Quando le cose hanno smesso di dipendere da me? Mi trovavo bene dov’ero. Lì sulla Tiburtina, chi mi veniva a prendere? Stavo come un re. Mi ero riuscito a laureare in tempo, pure se di soldi non ce n’erano mai...

Stavano tutti fuori sulla veranda a chiacchierare: Hemingway, Faulkner, T.S. Eliot, Ezra Pound, Hamsun, Wally Stevens, E.E. Cummings e qualcun altro. “Senti”, disse mia madre, “puoi dirgli di starsi zitti?”. “No”, dissi io. “Stanno dicendo solo fesserie”, disse mio padre, “dovrebbero trovarsi un lavoro”. “Ce l’hanno un lavoro”, dissi io. “Un accidenti”, disse mio padre. “Esattamente”, dissi io. A quel punto Faulkner entrò dentro barcollando. trovò il whisky nella credenza e se lo portò fuori. “Una persona tremenda”, disse mia madre. Poi si alzò e sbirciò fuori in veranda. “C’è una donna con loro”, disse lei, “solo che sembra un uomo”. “È Gertrude”, dissi io. “C’è un altro tizio che sta facendo vedere i muscoli”, disse lei, “dice di poterli battere...