Come nasce un libro: la genesi di “Latinoaustraliana”

Quando, nel 2008, iniziai a scrivere quello che sarebbe diventato il mio primo romanzo, cercai allo stesso tempo di tenere anche una specie di diario di lavorazione, per mettere giù dubbi (e quanti ne avevo!), idee, riflessioni.
Come sempre capita, la vita si mise di mezzo. Come risultato, invece del mese previsto inizialmente, per finire “Latinoaustraliana” ci misi quasi due anni -e il diario di lavorazione si interruppe dopo pochissimo.
L’avevo pure dimenticato, finchè non mi è capitato sotto gli occhi qualche giorno fa -per pura coincidenza, vicino ai 10 anni dall’uscita del libro.
L’ho riletto con sorpresa, e poi con tenerezza e divertimento. Mi ha trasmesso quella sensazione elettrizzante e annichilente del cominciare qualcosa di così vasto e ignoto, senza sapere come sarebbe andata a finire -anzi credendo che sarebbe stato solo un altro file incompiuto nel mio computer pieno di sogni interrotti.
Tante cose sono successe da allora, tanti altri chilometri sono stati aggiunti alle mie scarpe. Ho ricevuto commenti e messaggi da gente che non ho mai visto, sconosciuti che hanno riso e pianto e viaggiato grazie a quelle parole.
“Latinoaustraliana” ha fatto un giro intorno al mondo e adesso, 10 anni dopo, Mattia Pascà è pronto per una nuova storia che vedrà la luce tra non molto.
Mi piace allora pensare all’inizio del suo cammino, quando ancora si chiamava Matteo (come mio figlio, per un’altra pura, incredibile coincidenza) ed ero pieno di domande -e a proposito, sì, alla fine ho fatto le farm, e sì, alla fine Mattia è finito a letto con Samantha.
E sì, alla fine ho scritto un libro che è stato uno dei viaggi più belli della mia vita.
Qui sotto trovate com’è nato.
Buona lettura.

15 giugno 2008

Eccoci qui. C’è un’idea, un titolo, forse perfino una copertina. Manca tutto il resto, ma è già un inizio.
Latinoaustraliana. Forse troppo sottile, forse solo stupido. Il primo di migliaia di dubbi, da qui alla fine. Finirò mai? Comincerò mai?
Non lo so. Ma ieri, parlando con M. e poi anche con V., ho sentito che potrebbe funzionare. Non è un libro di viaggio, non è una fiaba alla Coelho, non è un libro contro l’Italia, non è una guida Lonely Planet. Per il momento so cosa non sarà più di cosa sarà.
Come sempre.
Al momento non so nemmeno quando lo comincerò, visto che sono anche troppo pigro per uscire e comprare questo famoso quaderno per gli appunti. Tutto –compresa questa specie di diario di lavorazione- potrebbe concludersi nell’ennesima perdita di tempo. Ma tanto siamo qui e quel tempo lo perderemmo comunque.
Quindi, andiamo.
Prima le cose che so: il libro non dovrebbe essere troppo lungo. Bukowski ha scritto Post office –che è già di una lunghezza accettabile- in 20 giorni, ad una media di 6000 parole al giorno, cioè 12 pagine. Non so se sono in grado di scrivere 12 pagine al giorno, e sicuramente non è una cosa che posso fare di tanto in tanto come i racconti. Vorrei filare dritto fino alla fine. 10 pag. al giorno potrebbero andare più che bene. Se divento lungo, finisco per parlarmi addosso come sempre. Se puoi dire le stesse cose con meno parole, allora fallo. Non c’è motivo di annoiare gli altri e perderci tempo tu.
10 pag. al giorno per 20 giorni fanno 200 pagine. Forse un po’ pochine, forse sufficienti –considerando tutto l’editing alla fine però, forse pochine.
Magari ci vuole un mese e vaffanculo.
E disciplina. Ah ah ah!
Ok, altra cosa che so: non sarà autobiografico. Penso che alla fine sceglierò un protagonista che racconta però altre storie. Non sarei capace di mettere insieme altri protagonisti. È un lavoro molto grande, e probabilmente non è nemmeno il tipo di cosa che voglio fare ora. Quindi un protagonista, prima persona. Il tempo, passato. Il presente fa troppo casino. Semplice semplice.
O forse no.
Quindi resta da definire CHI È questo protagonista. Che fa? È fidanzato? E se non lo è, dove va a stare? Si fidanza qui? Come ci arriva a Cairns, a Melbourne, a Uluru? Deve davvero andarci, a Uluru?
Il fattore biografico renderebbe le cose più semplici e farebbe meno torti a tutti, ma mi darebbe meno spazio di manovra. Voglio uno sfigato che arriva, non uno che sa dove andare (ah ah ah!).
Personaggi da farci entrare: gli italiani, innanzitutto. Ovviamente il gruppo della A., che sarà una base fondamentale. Ne potrei aggiungere qualcun altro, per storie sentite in giro. Da qui il collegamento all’Italia, alle loro storie. Prendere informazioni sui loro lavori, qui e lì.
Qui gli inglesi, ovviamente, e poi gli aussie, soprattutto S. e J. –degli altri, ci lavorerò un po’ su. E le esperienze di R., che DEVONO entrarci ma dovrò decidere come. Forse non ci sarà solo un R., o forse lui non sarà lui.
Devo forzarmi a non infilarci troppe random information per non appesantirlo.
Il tono dev’essere IRONICO –molto molto importante- anche se lo stesso deve fare vedere la vita dell’emigrante che è bella tosta, e deve avere i suoi momenti difficili. Accenni al passato –i minori possibili. Solo gli altri avranno un background, il protagonista no. Così siamo tutti più contenti –chi scrive e chi legge.
Il viaggio per Melbourne sarà importante. Per quanto riguarda Cairns potrei infilarci solo i racconti degli altri, anche se perderebbe. Potrei parlare con L. magari, farmi dire qualcosa, anche se suonerebbe un po’ artificioso.
Forse prima o poi mi devo decidere davvero a farle queste farm.
Devo lasciar perdere la cronologia, vedere se M. arriva o no a Natale. Devo far brillare Oz, ma di un sole vero, non da cartolina.
I lavori saranno fondamentali. Forse potrei aggiungere qualcosina.
Il linguaggio semplice, e dovrà diventarlo ancora di più in revisione.
Niente birre o distrazioni mentre scrivo, perché sennò col cavolo faccio 10 pagine.
Il sesso sarebbe divertente mettercelo, senza esagerare. Un sesso divertente, ecco. Magari anche un sesso imbranato.
Il personaggio non dev’essere un duro.
Per ora è tutto. Ho fame.

29 luglio 2008

Più di un mese dopo, e finalmente Latinoaustraliana comincia a vedere la luce. Ci sono state tante cose in mezzo, c’è stata anche paura. Ogni volta che ci pensavo, mi venivano solo in mente frammenti, facce, discorsi, tutto slegato.
Pensavo, è possibile mettere tutto assieme? E come?
Anche l’idea del quaderno non è servita, perchè la storia non era quella che volevo raccontare. È viva ma è piatta, ed io voglio che questa storia abbia del colore, abbia della musica, abbia qualcosa che ci balli dentro. Il rischio è forse calcare troppo la mano in un senso o nell’altro, farlo troppo cartolina/ottimista, o al contrario un Black Book di Sydney. Ma il fine vale almeno il tentativo, credo.
Così le prime 5000 parole sono venute fuori. 10 pagine sudate. Ho deciso di mandare al diavolo appunti e note e pensieri, e andare d’improvvisazione. Come sempre, credo sia sempre la cosa migliore, anche se magari col tempo m’inquadrerò un po’.
Adesso era importante soprattutto cominciare. Mettere un inizio a tutti quei pensieri e smetterla di rinviare. Non so se la storia va bene, ho ancora tanti dubbi, ho sempre paura di metterci troppe informazioni, di fare troppo il turista.
Ho messo dentro un nuovo personaggio, Eric, e vorrei farlo vivere per bene. Eric dovrebbe essere un australiano nel vero senso del termine. Mi sono allungato troppo in alcune parti, che asciugherò completamente dopo. Non so se correggere ogni volta o aspettare di finire. Il modello, un po’ Post office, un po’ Chiedi alla polvere. Ma per quanto voglio tagliare, 5000 parole non sono sufficienti. Ce ne vorrebbero 7500 al giorno almeno.
Vedremo.

31 luglio 2008

Primo giorno di stop dopo 2 buoni. Non sono contento, ma ci sta. Forse l’unico modo per definire una regola è quella di violarla. Dopo ne hai la percezione, prima è solo un recinto nella nebbia.
In ogni caso, ieri ho cominciato a prenderci gusto. 6000 parole che sono rotolate fuori più facili del giorno prima. Prima scena di sesso, primi incontri con gli italiani, primi accenni al lavoro. Questa faccenda della prima volta dopo un po’ rompe i coglioni però dà molto l’idea, forse, del personaggio che cresce man mano che continuano le pagine. O forse solo si rincoglionisce.
Più vado avanti e più penso che la revisione in sè sarà ancora più importante della prima stesura. Adesso procedo macinando errori e commettendo cazzate, e va bene così. Al momento perfino il senso mi è poco chiaro –il senso di fondo, la morale (se ce n’è una), o che ne so. Dopo la spolverata finale sarà un’altra cosa. Definirò meglio i personaggi, e già so che li cambierò radicalmente. Quelli che sono ombre nella prima stesura devono diventare personaggi di carne e sangue.
Note positive: Matteo smette un po’ di essere il turista innamorato dei tramonti, mistico, e si sporca. La musica comincia a girare verso il rock e il volume si alza quanto basta. Zara basta per il momento, poi si vedrà. E mi piacciono le crepe che si vedono in Matteo: probabilmente saranno quelle, alla fine, la sua unica grande forza.
E la forza del libro, ovviamente.

3 agosto 2008

Altre 5000 parole oggi, c’è sempre qualcosa da fare e non posso arrivare mai alle 7500 prefissate ma va bene, anche se con troppe pause. Fine settimana improduttivo, come previsto. Prima session con birra (una) oggi. Direi che se si fa del rock, un po’ di bumba non guasta.
Non è andata male oggi. Intanto Matteo è diventato Mattia (riferimento ovvio a Pirandello), la storia con Zara continua –anche se sta già per finire e si prepara l’ingresso per Skye, anche se ci vorrà. C’è stato un po’ dell’emigrante stavolta, e forse nella revisione approfondirò per rispondere alla domanda –esistono ancora gli emigranti oggi?
Ho parlato di questi moderni emigranti, ho parlato di psicologia. Ho l’impressione di stare parlando un po’ di tutto, e alla fine c’è troppo. Di 40 e passa pagine finora se ne potrebbero benissimo tagliare la metà. Adesso preferisco metter tutto giù, poi si vedrà. Ma la scena della Klint col tatuato non era male, e quella di Bondi ha del buono. Quando passerò al ristorante e ai farmers ci sarà da ridere.
Transizione. Il romanzo si trasforma da solo.
Cazzo. Ho appena scritto la parola “romanzo” per la prima volta.
Brividi.
Follia.

5 agosto 2008

Ancora oggi niente, ieri sono andate 7000 parole, potevano essere di più, ma era importante superare lo scoglio del passaggio tra Klint e ristorante. Dopo il ristorante probabilmente mi troverò in un vicolo cieco. Devo ancora pensare sull’arrivo di Valerio e sull’ingresso di Skye, più che altro per i tempi. Ma sono problemi solo di ritmo e di verosimiglianza.
Cosa cazzo sia poi questa verosimiglianza, non so. Impossibile rendere la realtà. Il risultato è sempre uno strano teatrino. Le persone non parlano in questo modo. Non si sa come parlano le persone. Non lo sanno nemmeno le persone.
Mi piace l’idea di qualcuno che non agisce sempre secondo una logica e un obiettivo. Il mio Mattia deve vagare e fare cazzate su cazzate. E poi ci sarà il passato che torna, in qualche modo.
Fin qui ok. Molto verrà cancellato e molto verrà modificato. Le storie di Fabio Daniela e Maurizio sono un buon mix di gente che ho conosciuto, anche se ho esagerato con qualche tratto. Dovrò cambiare in revisione.
Buone le scene di sesso. Forse quella di Betty è un po’ troppo, ma mi faceva ridere quindi resta.
L’Italia è sempre difficile farcela entrare. Si rischia di cadere nel comizio. E la politica, ce la voglio ma devo farlo bene o non farlo. Il ritmo è sempre rock, non devo scordarlo.
Il ristorante dà molti spunti. I farmers saranno una bomba.
Muoio di freddo e aspetto.

6 agosto 2008

Altre 6000 oggi, anche di più, il livello va bene, forse mi sono dilungato troppo sul ristorante, ma quello è uno dei pezzi forti, in qualche modo anche più della Klint. Comunque sicuramente taglierò molte cose. Devo rendere la parte di Bea in maniera migliore.
La parte del ristorante è quasi finita e Mattia ha un piede ormai fuori da casa di Trevor. Cosa succederà dopo, non lo so.
Ed è questa la cosa più fica.
Oggi è stato molto fluido. Sta prendendo vita. Non posso dire di essere ancora attaccato, ma sto parlando di tante cose a cui non pensavo più. Altra piccola magia.
Sono contento che Mattia non l’abbia fatto con Samantha. Mi sa però che succederà prima o poi, sarebbe divertente vederli insieme anche se sanno benissimo entrambi che non durerebbe.
Domani la vedo dura per scrivere, ma mi piacerebbe. Celebrazioni, cazzate così.
Faccio 29 anni. Un altro e poi sarò fuori da questi vent’anni in cui Mattia Pascà, invece, vivrà per sempre.
E questo direi che mi consola. È il miracolo che mi spinge ogni sera a questo tavolino malfermo in questo gelido agosto australiano.
Domani si festeggia, dice R.
Per me non esiste festa più grande dello star seduto qui davanti, a seguire le dita che vanno da sole.
Ad immaginare quello che succederà quando saranno tutte allineate nel modo che devono, a formare pagine e pagine pronte ad andare nel mondo.
È elettrizzante non sapere cosa succederà -a Mattia, a queste pagine, a me stesso.
È provare ad attraversare un oceano a nuoto per tornare a casa, anche se è una casa tutta nuova pur restando quella di una vita.
È pura magia.
Il mio presente è uno schermo acceso, un bagno caldo che mi aspetta, una torta in frigo per domani.
Per il futuro, si vedrà.

 

Marco Zangari © 2008

 

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