Pieno giorno – J. R. Moehringer

Il suo corpo sta facendo tutto quello che avrebbe fatto, secondo il dottore, una volta arrivato all’ultimo stadio. In principio avrà difficoltà a camminare, Willie. Poi basta.
Basta con cosa, dottore?
Con tutto, Willie. Sarà la fine. E basta.

Quindi morirà oggi. Entro poche ore, forse prima di mezzogiorno, di sicuro prima che scenda l’oscurità. Lo sa, lo sente come sentiva le cose ai vecchi tempi, quando sapeva subito se uno era a posto o era un verme.

Parlavo di rivoluzionari nel mio ultimo post, e questo libro ne pone un altro alla ribalta. Willie Sutton non aveva combattuto contro un esercito, una fazione politica, un nemico in trincea. Sutton aveva portato avanti la rivoluzione più lunga, più desiderata, più popolare e più trasversale di tutte, tale da farne un eroe, come i vecchi fuorilegge tra il Far West e l’America moderna (che, si sa, di eroi non ha granchè bisogno).
Willie Sutton aveva dichiarato guerra alle banche. Una guerra durata una vita, portata avanti senza violenza, in maniera spregiudicata ma metodica, quasi un “lavoro” che aveva messo in ginocchio decine di filiali, costretto gli istituti a cambiare i sistemi d’allarme, e la gente ad adorarlo. Eroe? Ci mancò poco che Sutton, come Dillinger, non diventasse un santo per il popolo americano. Poi qualcosa accadde ad un ragazzo che lo aveva fatto finire in carcere, e qualcosa si incrinò nell’amore tra Sutton e la sua gente.
Ce n’era abbastanza perché Moehringer gli dedicasse questo nuovo libro, “Pieno giorno” (Piemme), in bilico tra la biografia e il romanzo d’avventura –anche perché con Sutton non è sempre semplice distinguere tra i due.
Nel libro troviamo Sutton appena uscito di prigione, graziato per motivi di età e salute alla vigilia di Natale del 1969. La sua “storia” è stata acquistata da un giornale, e per questo Sutton dovrà passare il suo primo giorno di libertà in anni con un Giornalista e un Fotografo (uso le maiuscole perché saranno i nomi che Sutton gli appiopperà durante la storia). Sutton acconsente di controvoglia, mentre è consapevole che quello potrebbe essere il suo ultimo giorno sulla Terra. La gamba gli fa sempre più male, e spera gli resti abbastanza energia per chiudere i conti con il passato.
“Pieno giorno” si svolge dunque nell’arco di un’intera giornata, durante la quale Sutton si fa scorrazzare da Giornalista e Fotografo per i luoghi di New York che per Sutton hanno significato qualcosa in passato. Durante le varie tappe, rivediamo tutto il suo passato, dalla famiglia disgregata nella zona irlandese di Brooklyn al primo amore che lo convinse (ma andò davvero così?) a compiere il primo furto. Il destino di Sutton sembra di quelli già segnati: niente soldi, nessuna istruzioni, e soprattutto le varie Depressioni che hanno afflitto New York e l’America all’inizio del Novecento, lasciando migliaia di persone senza lavoro e senza fonti di sostentamento. Moehringer ci mostra un Sutton etico, preoccupato sempre di fare qualcosa di sbagliato, che sembra cominciare a rapinare banche quasi per caso –e quando comincia, lo fa maledettamente bene. I suoi metodi sono così semplici da sembrare inventati, eppure riesce lo stesso a mettere in imbarazzo i poliziotti della città, oltre ad accumulare una piccola fortuna. Quello che succede, da lì in poi, è una serie ininterrotta di cadute ed impennate, momenti epici e tradimenti, reclusioni ed evasioni, tale da far capire perché Sutton fosse così conosciuto e così amato dalla gente. A nessuno, mai, in nessun luogo –e in particolar modo adesso, il che rende questo libro anche paradossalmente moderno- piacciono le banche. Qualcuno che riesce finalmente a fregarle, dopo che loro hanno rapinato “legalmente” la gente con le pezze al culo, non può che ispirare simpatia. Moehringer è cosciente che il rischio di trasformare Sutton in un santino è concreto. Per questo, a circa metà del libro, c’è il passaggio per me più riuscito, quello dell’incontro in carcere tra Sutton e lo psichiatra della prigione. I due chiacchierano, e Sutton chiede se sia giusto che uno come lui, che non ha mai ammazzato, che ha compiuto crimini inferiori rispetto a politici e finanzieri che invece sfruttano la gente e vivono di disgrazie, sia in cercare con una condanna così lunga. La risposta dello psichiatra è spiazzante, e oltre a dare un accenno psicologico di Sutton, fornisce anche una lettura diversa di tutta la storia: quella che stiamo sentendo è vera, o forse Sutton la sta modellando per mentire a se stesso e agli altri? Fino a che punto siamo disposti ad assumerci la responsabilità e le conseguenze di quello che facciamo?
“Pieno giorno” è un romanzo che si fa leggere, molto scorrevole, piacevole e pulito come altri libri di Moehringer. Ogni tanto inciampa in qualche clichè e si ha la sensazione di “già visto, già sentito”; i personaggi che circondano Sutton non sono molto approfonditi. Willie Sutton, però, è nato per essere il protagonista di un romanzo, e Moehringer è bravo a farcelo vedere sotto tutti i punti di vista –oltre che a inserirlo in un preciso contesto storico e geografico che aiuta a capire meglio le sue azioni. Non è un libro coinvolgente come “Il bar delle grandi speranze”, che avevo molto apprezzato, ma è una lettura decisamente piacevole e fa scoprire un personaggio che a noi europei forse non dice molto, ma ha vissuto davvero una vita avventurosa e piena.
Consigliato.

Di questo autore ho recensito anche:
-“Il bar delle grandi speranze” (Piemme)

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