}

Quando mi trasferii in Australia per la prima volta, nel 2007, e vivevo di lavoretti faticosissimi e incertezza assoluta, mi resi conto che esisteva un numero impressionante di ragazze e ragazzi italiani che stavano vivendo la mia stessa esperienza, e di cui non si sapeva praticamente niente. Per questo motivo decisi di ritagliarmi un po’ di tempo alla sera, quando tornavo dopo aver servito ai tavoli o raccolto frutta o scaricato casse, e mettermi a scrivere di questi ragazzi, ignorati dal loro Paese e messi a dura prova...

A vent’anni vivevo tra Roma e la Sicilia ed ero simile a molti altri ventenni: confuso, arrabbiato, affamato e insoddisfatto. Mentre il mondo contava i giorni alla fine della mia giovinezza, pronto a riscuotere tutti gli arretrati, sentivo che c’era sempre meno posto per quelli come me. Cercai un rifugio tra le pagine dei libri che leggevo, ma era come se stessero sempre descrivendo qualcos’altro. Tra tutte quelle parole, non ce n’era nessuna che parlasse di noi, di come ci sentivamo, di come vivevamo, sognavamo e fallivamo. Decisi così...

  A casa ci preparammo per la serata. Non avevo buon feeling col cenone della vigilia. Mi era sempre sembrato la forma di tortura più assurda, costosa e masochista che ci fossimo inventati per le feste. In Australia, scoprii, ognuno faceva quel che cazzo gli pareva. I ragazzi se ne andavano nei pub – che per l’occasione organizzavano mega feste alcoliche. I genitori restavano a sbronzarsi a casa. Ah, lo spirito natalizio. Io, Skye e Valerio andammo al Salty Hotel. Era l’evento più grande di tutta la zona. Si diceva che arrivavano...

  Che poi, a dirla tutta, io qui nemmeno ci volevo venire. È stato solo per necessità. Sì vabbè, l’idea romantica del Paese dall’altra parte del mondo, il sole, i canguri, le stagioni al rovescio e tutte quelle cose lì. Ma se fosse dipeso da me, qui non ci avrei mai messo piede. Quando le cose hanno smesso di dipendere da me? Mi trovavo bene dov’ero. Lì sulla Tiburtina, chi mi veniva a prendere? Stavo come un re. Mi ero riuscito a laureare in tempo, pure se di soldi non ce n’erano mai...

Stavano tutti fuori sulla veranda a chiacchierare: Hemingway, Faulkner, T.S. Eliot, Ezra Pound, Hamsun, Wally Stevens, E.E. Cummings e qualcun altro. “Senti”, disse mia madre, “puoi dirgli di starsi zitti?”. “No”, dissi io. “Stanno dicendo solo fesserie”, disse mio padre, “dovrebbero trovarsi un lavoro”. “Ce l’hanno un lavoro”, dissi io. “Un accidenti”, disse mio padre. “Esattamente”, dissi io. A quel punto Faulkner entrò dentro barcollando. trovò il whisky nella credenza e se lo portò fuori. “Una persona tremenda”, disse mia madre. Poi si alzò e sbirciò fuori in veranda. “C’è una donna con loro”, disse lei, “solo che sembra un uomo”. “È Gertrude”, dissi io. “C’è un altro tizio che sta facendo vedere i muscoli”, disse lei, “dice di poterli battere...

  Il mondo era rimasto senza amore. Le persone continuavano a fare sesso e a riprodursi, ma non come prima. Andare a letto con qualcuno era una questione tecnica, di carattere squisitamente medico come un esame dal proctologo, e come tale non se ne parlava in giro. Lo facevi perchè dovevi, poi tornavi alla tua vita di sempre. Al posto di unioni e matrimoni c’erano individui che interagivano tra l’altro, in maniera più o meno cordiale, ma con una freddezza di fondo giustificata dal fatto che “così sono tutti”. Le...

Io è un altro. Rimbaud Se sei abbastanza fortunato, riesci ad evitare lo specchio. Io non sono fortunato. Mi trascino fino al bagno ed eccomi lì. Non che mi dispiaccia quello che vedo, diciamo più che ci ho fatto l’abitudine, come la casa abbandonata alla fine della strada. Ci passi davanti tutte le mattine finché non fai neanche più caso alle scritte sui muri, al giardino incolto, al tetto che cade a pezzi. Faccio andare il rubinetto, acqua sulla faccia. Io che volevo mantenere un fisico decente. Che credevo che i capelli...

  Questione di come ti svegli la mattina questione di Parche che tessono il tuo destino & affitto pagato mentre ascolti la pioggia cadere – ti svegli così un anno più vecchio qualche anno meno giovane ho costruito parchi gioco tra i miei capelli bianchi e per fare un giro delle mie rughe faccio pagare il prezzo di un bacio ho passato i miei muscoli ai miei pensieri mentre siedo a guardare amori in bici che passano e vanno via in un’eterna mattina di sole ho visto stomachi allargati e guerre infinite ho barattato giorni per pochi minuti e in quei minuti sono stato vivo sono stato me stesso sono stato perso in quei...

  Ogni ora è scendere nell’inferno della mia mente tra mosche, marcio, vermi colpi di stato tra eserciti- fantoccio lo scarico intasato dai rimorsi una donna che urla alla finestra cani ammattiti di rabbia che si mordono le ferite per terra foto mezze sciolte mezze bruciate colorate di me, di altri di personaggi mai davvero esistiti e un vento caldo che sale dal basso portando con sè tutti i pianti mai fatti tutte le urla taciute un seno gigante & un sospiro e un cassetto di poesie pieno di fogli bianchi rivolo, gorgoglìo, buio occhi di fumo buio rumore di acqua, qualcosa che sbatte buio e io lì, perduto timido e stanco, come il primo giorno -io che barcollo come da copione che mi studio...

  (Questo pezzo è il primo, storico post dell’ Hotel Morgana, il blog/community che ho fondato nel lontano 2007 insieme ad un amico. Il Morgana nasceva prima dei social, e negli anni ha permesso a tanti visitatori di scrivere, condividere, riflettere e chiacchierare davanti ad un Mojito. Io stesso ho scritto centinaia di post, alcuni dei quali sono poi entrati a far parte del mio romanzo, “Latinoaustraliana”. Se volete fare un giro nell’Hotel, potete cliccare qui.)   Iniziare un viaggio non è mai semplice. Ci sono sempre valigie da preparare, voli da prenotare,...